Biografia:
Giordano Bruno nacque a Nola nel 1548, di umili origini; entrò a Napoli nell'ordine domenicano,organizzando una straordinaria cultura filosofica,religiosa e letteraria. a causa del suo carattere estroso e anarchico fu accusato di eresia e processato. Per questo andò vagando in molte parti d'Italia e poi si rifugiò all'estero. Nel 1577 fu a Ginevra, dove ebbe contatti con i Calvinisti. Poi si recò a Lione, a Londra, a Oxford, a Wittemberg, a Praga e a Francoforte sul Meno. Ebbe quindi contatti con uomini di varia cultura e poté rafforzare e far conoscere il suo pensiero rivoluzionario anche fuori d'Italia. Ciò gli procuro ostilità e persecuzioni anche presso i protestanti, per cui nel 1586 fu costretto ad abbandonare la Francia. Si recò in Germania: ma anche i luterani lo osteggiarono, come i calvinisti. Nel 1591 ritornò in Italia e si fermò a Venezia, ospite di Giovanni Mocenigo, il quale, però, lo denunziò per eresia. Fu processato in quella città. Condotto prigioniero a Roma, subì un processo per eresia a parte del tribunale dell' Inquisizione. Dopo anni di interrogatori, non avendo voluto abiurare le sue teorie filosofiche, morì sul rogo a Roma, come eretico impenitente, nel 1600.
Ai contemporanei e poi ai posteri, la concezione del mondo di Giordano Bruno appare spregiudicata, anzi eversiva, perché non frenata da remore e preoccupazioni di ordine religioso, anzi sostenuta con intransigente coerenza fino alla tragedia finale del processo e della condanna. La sua fiducia nella regione e la coerenza con cui, per sostenere i diritti, ha lottato sacrificando la sua stessa vita, hanno fatto di questo filosofo un simbolo dell’autonomia e della libertà di pensiero. Egli è mosso da una curiosità incessante, da un tumulto di idee, suggestioni, spunti che provengono da fonti diverse , da un costante rifiuto delle mediazioni e da una continua ricerca del nuovo, di orizzonti più vasti ed aperti per il sapere. Bruno si sente investito di una grande missione di rischiaramento filosofico e religioso a beneficio dell’umanità e rivendica il pieno diritto della ragione alla ricerca e al filosofare, schierandosi contro la tendenza a delimitarne e a ridurne l’esercizio da parte delle autorità religiose e delle diverse “scuole” accademiche.
Egli respinse con forza l’idea che la speculazione possa essere ostacolata e impedita da motivi di fede. La fede, infatti, “si richiede per l’istruzione di rozzi popoli che denno esser governati”, cioè per il governo e l’educazione delle masse incolte. Le Sacre Scritture servono a prescrivere regole, a ordinare “la prattica circa le azioni morali”, non a indicare verità filosofiche o scientifiche. La dimostrazione razionale, invece, è necessaria all’attività dei filosofi, dei “contemplativi che sanno governar sé e gli altri”.
Se, in una prima fase, Bruno sostiene la distinzione di campo tra la filosofia e la religione, successivamente evolve verso un’altra posizione, dovuta essenzialmente alla convinzione che la religione cristiana sia responsabile della decadenza e della crisi della società e della cultura. Il Cristianesimo -anche quello riformato- e fonte di discordie e di guerre fra gli uomini, dunque non favorisce la convivenza umana. Per questa sua natura la religione cristiana è prossima alla fine. Al suo posto si instaurerà l’antica religione dei filosofi, dei legislatori, dei sacerdoti.
Bruno assume come proprio compito quello della rinascita della religione, della sua riforma, che ritiene necessaria per restaurare la società e il sapere. Ma quella da lui propugnata è, oltre che una religione civile, una religione naturale, considerata capace di ricostruire i vincoli dell’uomo con l’uomo e con la natura, nel quadro di un’idea – mutuata dall’ermetismo- della comunicazione universale degli esseri. Questa religione dovrebbe chiudere con il mondo “vecchio” e aprire ad un mondo nuovo e “giovane”.
Se dal punto di vista della fede- sostiene Bruno nei dialoghi de la causa, principio e uno- Dio è assolutamente al di là del mondo sensibile, una Mens super omnia (“mente al di sopra di ogni cosa”, del tutto inconoscibile perché al di là della portata della nostra ragione) dal punto di vista della ragione Dio è invece una Mens insita omnibus, “ mente interna e presente in ogni cosa “, e appare a noi come “la natura stessa”, oppure come ciò che “riluce nell’ambito e grembo di quella”. In questo secondo senso,Dio è la causa e il principio di ogni cosa, in quanto la produce come qualcosa di diverso da sé, restando, nello stesso tempo, nella cosa stessa come suo fondamento. Dio è causa dell’universo, sia in quanto lo produce, sia in quanto ne costituisce il principio immanente. Poiché Dio è potenza creativa infinita, anche l’universo è l’infinito, in quanto effetto di quella causa infinita. Pur avendo ripreso da Cusano l’immagine dell’universo infinito, Bruno ne modifica radicalmente un presupposto essenziale: Dio, infatti, per Cusano era trascendente, mentre per Bruno è immanente alla natura stessa. È l’ “artefice interno” delle infinite realtà che costituiscono la natura, è la Mens insita omnibus, il principio razionale insito nelle cose. Dio si manifesta, perciò, come la natura stessa, nella sua totalità e creatività infinita. Bruno è fautore della teoria astronomica di Copernico (che sostiene il moto reale della Terra), pur modificandola notevolmente e in più punti, in particolare introducendo l’infinità dell’universo. L’universo è infinito non solo perché infinitamente grande, ma anche perché costituito da infiniti mondi, cioè da innumerevoli Soli e pianeti. L’immaginazione di Bruno si dispiega e guarda alla volta celeste non come ad un limite dell’universo(cioè ad una gigantesca calotta sferica nella quale siano “infisse” le stelle),ma come ad uno spazio infinito, nel quale ogni stella può essere concepita come un Sole, simile al nostro, intorno a cui ruotano pianeti anch’essi simili alla Terra. Essendo infinito, l’universo non ha centro né circonferenza, non è né alto né basso: ogni realtà è centro del proprio orizzonte e la mancanza di un centro fa sì che non esista un ordine gerarchico della natura( non vi sia cioè differenza fra mondo celeste e mondo terrestre) ,né esistano degli aristotelici “luoghi naturali”. Così Bruno definisce una concezione del tutto nuova, nella quale sono abbattuti i confini dell’universo fissati dalla tradizione e che avrà un fortissimo impatto sui contemporanei, anche per le sue implicazioni teologiche. Nell’universo, animato dalla presenza immanente di Dio, tutto è vita e la morte è solo apparenza: tutto muta e “ nulla si annihila”. Quando vediamo qualcosa che sembra morire, aggiunge Bruno, non dobbiamo credere che essa muoia realmente, ma piuttosto che muti, cioè che cambi i suoi aspetti accidentali,restando, invece, immutabile nei suoi principi essenziali. Il concetto di materia risulta profondamente mutato, in quanto essa appare dotata di un intrinseco principio attivo, ovunque mossa e animata da forze vitali, come un immenso organismo vivente. Proprio questa idea che ogni realtà dell’universo, anche la più piccola, sia vivente e animata, costituisce il fondamento della magia e della fiducia nutrita da bruno che grazie ad essa sia possibile conquistare di slancio i più riposti segreti della natura.