Il 28 giugno del 1867 a Girgenti, l'attuale Agrigento, nacque Luigi Pirandello, drammaturgo, scrittore e poeta italiano. "Io son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco "Kaos". Nato in una famiglia di condizioni borghesi, non visse però un'infanzia serena poichè molto spesso caratterizzata dalla difficolta di comunicare con i genitori. Fin da piccolo si manifestò il suo attaccamento alla Chiesa Cattolica, ma dopo un avvenimento di poco conto che coinvolse il suo prete, decise di discostarsi dalla Chiesa Cattolica per praticare una religiosità diversa da quella ortodossa.
A soli 11 anni scrisse la sua prima opera "Barbaro" della quale non si hanno alcuni frammenti.
Nel 1892 si trasferì a Roma e grazie all'aiuto di Luigi Capuana riuscì a farsi strada nel mondo della letteratura. Due anni dopo conobbe Maria Antonietta Portulano con la quale si sposò. Questo matrimonio nacque per interesse, visto che Maria possedeva un'ingente dote, ma con il passare degli anni tra i due nacquero passione e amore e in seguito si trasferirono a Roma.
A seguito poi di un allagamento e di una frana nella miniera in cui Pirandello esercitava il suo impiego e in cui investirono la maggior parte della dote della moglie, si ridussero sul lastrico e la stessa moglie fu soggetta a varie crisi isteriche, e dopo molti anni Pirandello fu costretto a ricoverarla in un ospedale psichiatrico. Grazie a questa malattia però lui potè approfondire la teoria sulla psicanalisi di Freud.
Le sue opere non ebbero tutte successo come "Il Fu Mattia Pascal" scritta durante il periodo di paralisi della moglie. Ma il vero grande successo fu raggiunto nel 1922 quando si accostò al teatro.
Lui credeva nel patriottismo risorgimentale, molte volte usato come tema nelle sue opere, ma anche oscurato dalla sua riflessione umoristica. La sua scelta di prestarsi al Fascismo colpì tutti, ma lui spiegò che attraverso il Fascismo si riconduceva a ideali patriottici e risorgimentali di cui era lui stesso sostenitore convinto; vedeva in esso la prima vera idea originale post-risorgimentale che rappresentava l'Italia futura pronta a divenire l'emblema di tutta l'Europa.
Il punto in comune tra il poeta e il Fascimo è il relativismo, basati però l'uno sull'esistenza e l'altro sull'attivismo soreliano.
Contemporaneamente a questo, lui ricevette il Premio Nobel per il suo coraggio e la sua ingegnosa ripresentazione dell'arte drammatica e teatrale.
Durante la guerra suo figlio Stefano fu rapito dagli Austriaci e poi rilasciato in condizioni pessime e sua moglie si aggravò così tanto da dover essere rinchiusa in manicomio.
Nel 1925 fondò la Compagnia del Teatro d'Arte con la quale viaggiò per il mondo. Morì a causa di una polmonite nel 1936, lasciando incompiuta la sua opera teatrale "I giganti della montagna".
Il suo pensiero:
Egli si avvicinò alle teorie di Alfred Binet producendo saggi di stile colloquiale, incentrati sulla poetica dell'umorismo; infatti possiamo notare come in questi saggi distingue il comico dall'umorismo. Il primo nato dal contrasto tra apparenza e realtà; il secondo nato da una considerazione meno superficiale dell'avvenimento del contrario. Il comico genera un'immediata risata, mentre l'umoristico è il risultato di un'attenta riflessione, che fa nascere un sorriso di compassione. "Non ci fermiamo alle apparenze, ciò che inizialmente ci faceva ridere, adesso ci farà tutt'al più sorridere.".Il suo relativismo è esistenziale poichè si fonda su una crisi di base, che è la crisi dell'io. Lui afferma che in noi ci sono elementi distinti che aggregandosi e disgregandosi danno vita ad una nuova personalità che ha una vita propria, quindi in noi abitano tanti individui diversi fra loro, e per recuperare la nostra identità abbiamo bisogno di ricorrere alla follia, alla quale ci si può arrivare tramite la verità, nuda e cruda, che porterà all'isolamento da parte della società e quindi alla pazzia. Quest'ultima porterà alla solitudine, grazie alla quale l'uomo può ascoltare ogni individuo in se stesso e riconoscere la sua vera identità, senza essere distratto dalla realtà e dalle convenzioni sociali. Lui svolge questa ricerca sull'identità di una persona dalla quale dipendono sia la concezione di sè e sia le relazioni con gli altri.
Famoso è anche il contrasto che lui fa tra la vita e la forma; la prima caratterizzata dal destino, la quale si cala nella seconda, che la rende prigioniera. Il passare del tempo, ossia l'avanzare della vita, produce immagini di momento in momento, a volte contraddittorie fra loro, e qui la forma cerca di renderle pulite e chiare, accostando a quest'ultima la conoscenza.
Da questo contrasto nasce il relativismo psicologico che si divide in due parti: quello che si svolge in senso orizzontale riguardante il rapporto di un individuo con gli altri; e quello che si svolge in senso verticale riguardante il rapporto di un individuo con se stesso.
Gli uomini fin dalla loro nascita sono liberi ma il Caso interviene manipolando ogni scelta, come dei burattini nelle mani del burattinaio. Ogni uomo ha l'obbligo di seguire le regole imposte dalla società, anche se il suo spirito vorrebbe agire in tutt'altro modo; cambia forma solo per volere del Caso, assumendo una nuova forma dalla quale non si può tornare indietro. Poi afferma che ognuno vive con una maschera, dietro la quale dimorano migliaia di individui diversi che l'uomo non riesce a comprendere tanto quanto non riesce a comprendere se stesso; questa maschera ci obbliga a muoverci secondo schemi ben definiti che accettiamo per convenienza senza avere il coraggio di rifiutarli. Ma a volte la nostra anima istintiva esplode violentemente e allora la maschera si spezza, lasciandoci per un istante un senso di libertà, che svanisce dopo che una nuova forma ci imprigiona in essa.
Secondo Pirandello, quando l'uomo viene a conoscenza del contrasto fra forma e vita, reagisce in tre modi diversi: con una reazione passiva secondo la quale l'uomo non può far altro che accettare la maschera, poichè il suo intento di far vedere agli altri chi realmente sia, è fallito, così si rassegna perchè è un debole e non si ribella alla nuova maschera che gli è stata attribuita. E' infelice perchè sa che comunque vive la vita in dualità: quella che vorrebbe vivere e quella che vive secondo gli altri; con reazione ironico-umoristica secondo la quale l'uomo accetta la maschera con un atteggiamento ironico e molto spesso ne ricava un vantaggio; con reazione drammatica secondo la quale l'uomo non ha nessuna intenzione di accettare la maschera e reagisce con disperazione. Quindi se il mondo lo vuole in quel modo, lui farà di tutto per esserlo, fino a chiudersi in solitudine arrivando alla pazzia e molto probabilmente al suicidio.
Il suo relativismo conoscitivo e quello psicologico vanno contro l'incomunicabilità tra gli uomini; ogni persona percepisce la realtà in modo diverso e quindi tra di esse non ci può essere alcuna comunicazione. Questa assenza di comunicazione produce la solitudine e l'esclusione dalla società e da se stessi, poichè a causa della crisi dell'io, in noi si vengono a formare tanti individui diversi e contrastanti tra loro, che faranno capire all'uomo di essere 'nessuno'. Di conseguenza l'uomo avverte un sentimento di estraneità dalla vita e per questo si sente forestiero della vita.
Opera in cui è visibile l'incomunicabilità è "Uno, nessuno e centomila" in cui Pirandello mostra i tre tipi di uomini: "Uno" perchè ognuno è una persona con caratteristiche particolari; "centomila" perchè l'uomo possiede centomila personalità nel suo interno; "nessuno" perchè l'uomo anche possedendo centomila personalità, non riesce a trovare la sua vera identità, questo vuol dire che non è nessuna di queste personalità.