E' uno dei sonetti del Canzoniere in cui con maggiore intensità il Petrarca rappresenta la condizione del suo spirito, perduto in un impossibile sogno d'amore, divenuto unica e tormentosa realtà. Il poeta vaga, solo con la sua tristezza, fra i luoghi più deserti, lentamente, come abbattuto da una ferita mortale, nello squallore del paesaggio si riflette lo squallore dell'animo.
E' uno spazio reale e insieme irreale, vasto e indefinito come la sua passione, dove si svolge una meditazione tormentosa, senza tempo, senza mutamento. Il poeta fugge ogni vestigio umano, per il pudore che ha di mostrarsi così affranto ma amore è sempre con lui, implacabile. Viene espresso il tema del dissidio interiore e della solitudine.
Questo sonetto, povero di metafore vere e proprie, spicca, invece l'immagine del paesaggio (campi, monti, piagge, fiume, selve e vie), simbolo della vicenda spirituale del poeta. Il paesaggio descritto è indefinito, mentre gli aggettivi "aspre" e "selvagge" deserti delineano un paesaggio di solitudine e di pena, ma si può intendere anche la sua dimensione interna e i paesaggi astratti e vaghi sembrano una proiezione esterna del solitario vagare senza tempo e senza confini dell'animo, un paesaggio non guardato e non vissuto, semplice schermo dove si proietta l'ossessione amorosa.
La 1° quartina definisce dunque lo stato d'animo del poeta e lo proietta in una solitudine totale, lo correla ad un'appoggiarsi senza meta, allo sguardo che rifugge da ogni presenza umana.
La 2° quartina ne approfondisce le ragioni psicologiche: la difesa affannosa dai sguardi indiscreti, la volontà di nascondere quella che appare una sorta di disgregazione vitale (gli atti <<spenti dove più non brilla la luce della vita). Le due terzine sono le conseguenze già implicite dell'immagine iniziale. La prima prolunga i limiti del paesaggio per far risaltare ancora meglio il suo tormento senza fine, la seconda insiste sull'immagine dell'amore che segue il poeta implacabile e incessantemente.
I primi due versi danno inizio a quello cadenza pacata e malinconica che pervade il sonetto per mostrare un paesaggio di intima desolazione. Con la parola <<mesurando>> sembra che il poeta vaga a passi lentissimi proprio di chi è immerso in una meditazione completa o meglio dire che è così profondamente assorbito ci dà l'idea di un essere meccanico che si muove senza rendersene conto, un vagabondare appunto senza meta come lo si fa quando si è immersi nei pensieri e nei ricordi.
La paura di portare a conoscenza degli altri il proprio tormento o meglio andare tormentoso dell'anima oppure "allegrezza spenti" vuole intendere che la luce e il calore della vita in lui sono assenti: Amore è dunque è sempre col Petrarca, gli parla continuamente, ragiona con lui. E' il labirinto del cuore prigioniero del proprio desiderio.
Tutto il componimento si svolge su un unico concetto che è quello di cercare la solitudine per alleviare il proprio tormento, ma non esiste solitudine che lo liberi. Si può notare che l'attenzione del poeta si concentra sullo stato d'inquietudine dell'io, mentre tutto il resto è lasciato nel vago, Laura infatti non è menzionata, il paesaggio non è descritto o meglio è indefinito, non viene espressa chiaramente la causa della sua inquietudine se non col vagare, con la malinconia dell'aspetto volge gli occhi a cercare impronte, segni d'una presenza umana, ma solo per evitarli, per fuggire dagli uomini, mentre nasconde la qualità della vita ad essi, è già nota a monti, piagge... le vie che percorre sono aspre e selvagge ma Amore nonostante ciò lo accompagna sempre e la solitudine nel sonetto non è altro che essere soli col proprio tormento e il pensare tra sé e sé non può far altro che aumentarlo.
Per Petrarca la ricerca di un rifugio solitario lontano dalle folle della città, per vivere una vita raccolta e pensosa dedita agli studi e alla poesia e a un costante colloquio col proprio animo perturbato. All'ideale di una vita puramente cristiana si contrapponevano in lui il desiderio d'onori, la gioia, l'amore insoddisfatto e tormentato per Laura.
La vita terrena appariva a Petrarca continuamente insidiata dalla morte, da quella morte nella vita che era l'incapacità di attingere una sicura fermezza nel concepire e inseguire i propri ideali. Dal sentimento ossessivo della fuga del tempo e della vita, tentava di sollevarsi verso i valori cristiani che non deludono, verso una promessa di eternità, ma l'eternità che egli sognava era quella del tempo: l'attuazione e la persistenza dei valori umani (gloria, amore, eroismo, poesia) che si rivelano insieme affascinanti e precari come lo spazio e tempo d'illusione, come dimensione dell'attesa e del disinganno, della ricerca che non conosce fine né la certezza del cammino. Il dissidio interno durò fino al termine della propria vita.
Petrarca preannuncia il dramma della coscienza dell'uomo dell'età moderna, fra lo smarrimento della certezza religiosa e la ricerca della piena giustificazione della propria vicenda terrena della propria storia.
L'amore non è gioia o trasporto tempestoso ma tristezza, incapacità di liberazione e l'irresolubile contrasto tra il mondo e le dottrine degli stilnovisti in cui l'Amore si concilia con Dio e la donna riesce ad elevarsi sino al cielo e quell'ideale di donna e d'amore che sente il richiamo della bellezza terrena e la donna come creatura di questo mondo.
L'amore per Laura e l'amore per la gloria assorbono tutte le potenze dell'animo distogliendolo dal vero amore, quello cioè che deve essere rivolto a Dio.
Canzoniere
L'unità profonda ed affettiva dell'opera e in quel continuo fluttuare dell'animo del poeta in una vicenda alterna di illusione e delusione, di sogno e di consapevolezza amara, di dolcezza, di malinconia, di coscienza del peccato di ansia della redenzione.
Vero protagonista dell'opera è il Petrarca, la sua anima tormentata. Laura sta al centro del mondo fantastico del poeta, con la sua figura soave, e bella la luce dei biondi capelli e dello sguardo. Figura vicina e insieme lontana, irraggiungibile, viva nel sentimento e nell'immaginazione del suo poeta ma non dotato di una propria consistenza di personaggio. Laura, esperienza concreta, forse fondamentale della vita del Petrarca, nella poesia appare trasfigurata, quasi un mito.