di Leonardo Sciascia
Riassunto:
La storia si svolge nel 1960, in un paesino vicino a Siracusa ed ha inizio con l’omicidio di Salvatore Colasberna, socio di una piccola impresa edilizia chiamata Santa Fara, avvenuto mentre saliva sul pullman per Palermo come faceva tutte le mattine. All’arrivo dei carabinieri molti dei presenti si allontanano dalla scena del delitto. Uno dei carabinieri trova il venditore di panelle, presente durante il delitto, che dopo molto tempo ricorda che dall’angolo tra via Cavour e Piazza Garibaldi, tra le sei e le sei e trenta, sono arrivati due spari. Intanto il capitano Bellodi, uomo di Parma ed ex partigiano, inizia le indagini riguardo all’omicidio. Il capitano Bellodi spiega ai due fratelli del deceduto Colasberna che il mandante potrebbe essere qualcuno che gli faceva concorrenza sugli appalti. Dopo non molto tempo una donna si reca all’ufficio di polizia per denunciare la scomparsa di suo marito, un certo Nicolosi, che sarà successivamente trovato morto. Il capitano intuisce che i due omicidi siano legati, per la vicinanza dei luoghi in cui essi sono stati compiuti. Intanto Parinieddu, un informatore dei carabinieri e doppiogiochista con la mafia, fornisce due nomi: Pizzuco e La Rosa. Bellodi, dopo aver interrogato la moglie di Nicolosi, scopre che l’uomo prima della sua scomparsa aveva visto un suo vecchio conoscente, un certo Zicchinetta, che si allontanava in fretta. Egli viene poi identificato come Diego Marchica, uomo processato e condannato per molti reati, ma scagionato più volte per insufficienza di prove. Intanto viene trovato morto davanti a casa sua il confidente Parinieddu, che stava cercando di scappare da una morte certa, senza riuscirci, per avere rivelato i nomi ai carabinieri. Prima di morire però aveva lasciato una lettera ai carabinieri, dove stavano scritti i nomi di Pizzuco e un certo Mariano Arena che erano i mandanti degli omicidi. Dopo poco tempo i due sospettati Pizzuco e Marchica vengono interrogati. Il verbale dell’interrogatorio fatto a Pizzuco viene però falsificato dalla polizia, per far confessare Marchica. Marchica rivela che c’era stato un primo incontro dopo tanti anni con Pizzuco, che gli propose di fare fuori Colasberna perché questi gli aveva arrecato un’offesa terribile. Se avesse accettato avrebbe ottenuto una ricompensa di ben trecentomila lire. Il Marchica accettò, gli fu fornito il fucile da Pizzuco, e fece così fuori il bersaglio dell’omicidio ma mentre si allontanava viene però visto da un suo vecchio amico, Nicolosi, che a sua volta viene successivamente ucciso da Pizzuco. Così viene interrogato nuovamente Pizzuco, che comunque non confessa; l’interrogatorio viene interrotto da una telefonata a Bellodi che rivela il ritrovamento dell’arma del delitto e il corpo del Nicolosi. In seguito il capitano interroga Arena, sul quale girano voci che abbia contatti col ministro Mancuso, che però non confessa nulla. In camera dei Deputati intanto avviene un'altra discussione sulla mafia, ma il problema viene sottovalutato e il dibattito termina con un nulla di fatto. Intanto il capitano si prende un mese di vacanza nella sua terra, l’Emilia Romagna. A Bellodi arriva una lettera del brigadiere dalla Sicilia, dove viene informato che: Arena è stato assolto, Pizzuco è stato incriminato per detenzione abusiva di arma, Marchica è stato assolto grazie al suo alibi ben costruito, infatti si trovava a ben settanta chilometri di distanza presso un famoso dottore. Però il capitano, nonostante tutto, sa' di amare la Sicilia e che, prima o poi, ci si sarebbe tornato. Il titolo del romanzo “Il giorno della civetta” sembra un ossimoro per la presenza di due nomi tra loro in contrapposizione: giorno, che rappresenta la luce della ragione e civetta, che rappresenta l’ombra del delitto e della morte; il significato di questi due elementi può essere ritrovato durante tutta la storia.
LEGGI ANCHE: Riassunto e analisi Il giorno della civetta
Riassunto:
La storia si svolge nel 1960, in un paesino vicino a Siracusa ed ha inizio con l’omicidio di Salvatore Colasberna, socio di una piccola impresa edilizia chiamata Santa Fara, avvenuto mentre saliva sul pullman per Palermo come faceva tutte le mattine. All’arrivo dei carabinieri molti dei presenti si allontanano dalla scena del delitto. Uno dei carabinieri trova il venditore di panelle, presente durante il delitto, che dopo molto tempo ricorda che dall’angolo tra via Cavour e Piazza Garibaldi, tra le sei e le sei e trenta, sono arrivati due spari. Intanto il capitano Bellodi, uomo di Parma ed ex partigiano, inizia le indagini riguardo all’omicidio. Il capitano Bellodi spiega ai due fratelli del deceduto Colasberna che il mandante potrebbe essere qualcuno che gli faceva concorrenza sugli appalti. Dopo non molto tempo una donna si reca all’ufficio di polizia per denunciare la scomparsa di suo marito, un certo Nicolosi, che sarà successivamente trovato morto. Il capitano intuisce che i due omicidi siano legati, per la vicinanza dei luoghi in cui essi sono stati compiuti. Intanto Parinieddu, un informatore dei carabinieri e doppiogiochista con la mafia, fornisce due nomi: Pizzuco e La Rosa. Bellodi, dopo aver interrogato la moglie di Nicolosi, scopre che l’uomo prima della sua scomparsa aveva visto un suo vecchio conoscente, un certo Zicchinetta, che si allontanava in fretta. Egli viene poi identificato come Diego Marchica, uomo processato e condannato per molti reati, ma scagionato più volte per insufficienza di prove. Intanto viene trovato morto davanti a casa sua il confidente Parinieddu, che stava cercando di scappare da una morte certa, senza riuscirci, per avere rivelato i nomi ai carabinieri. Prima di morire però aveva lasciato una lettera ai carabinieri, dove stavano scritti i nomi di Pizzuco e un certo Mariano Arena che erano i mandanti degli omicidi. Dopo poco tempo i due sospettati Pizzuco e Marchica vengono interrogati. Il verbale dell’interrogatorio fatto a Pizzuco viene però falsificato dalla polizia, per far confessare Marchica. Marchica rivela che c’era stato un primo incontro dopo tanti anni con Pizzuco, che gli propose di fare fuori Colasberna perché questi gli aveva arrecato un’offesa terribile. Se avesse accettato avrebbe ottenuto una ricompensa di ben trecentomila lire. Il Marchica accettò, gli fu fornito il fucile da Pizzuco, e fece così fuori il bersaglio dell’omicidio ma mentre si allontanava viene però visto da un suo vecchio amico, Nicolosi, che a sua volta viene successivamente ucciso da Pizzuco. Così viene interrogato nuovamente Pizzuco, che comunque non confessa; l’interrogatorio viene interrotto da una telefonata a Bellodi che rivela il ritrovamento dell’arma del delitto e il corpo del Nicolosi. In seguito il capitano interroga Arena, sul quale girano voci che abbia contatti col ministro Mancuso, che però non confessa nulla. In camera dei Deputati intanto avviene un'altra discussione sulla mafia, ma il problema viene sottovalutato e il dibattito termina con un nulla di fatto. Intanto il capitano si prende un mese di vacanza nella sua terra, l’Emilia Romagna. A Bellodi arriva una lettera del brigadiere dalla Sicilia, dove viene informato che: Arena è stato assolto, Pizzuco è stato incriminato per detenzione abusiva di arma, Marchica è stato assolto grazie al suo alibi ben costruito, infatti si trovava a ben settanta chilometri di distanza presso un famoso dottore. Però il capitano, nonostante tutto, sa' di amare la Sicilia e che, prima o poi, ci si sarebbe tornato. Il titolo del romanzo “Il giorno della civetta” sembra un ossimoro per la presenza di due nomi tra loro in contrapposizione: giorno, che rappresenta la luce della ragione e civetta, che rappresenta l’ombra del delitto e della morte; il significato di questi due elementi può essere ritrovato durante tutta la storia.
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