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A papa Bonifazio molt’ài iocato al mondo - Jacopone da Todi

Testo, parafrasi, analisi e commenti della lauda "A papa Bonifazio", scritta da Jacopone da Todi.

Testo:

O papa Bonifazio molt'ài iocato al mondo
pensome che iocondo non te 'n porrai partire!

Lo mondo non n'à usato lassar li sui serventi,
ched a la scivirita se 'n partano gaudenti.
Non farà lege nova de farnete essente,
che non te dìa presente, che dona al suo servire.

Bene lo mme pensai che fussi satollato
d'esto malvascio ioco, ch'al mondo ài conversato;
ma poi che tu salisti enn ofizio papato,
non s'aconfà a lo stato essere en tal disire!

Vizio enveterato convertes'en natura;
de congregar le cose granne n'à' auta cura;
or non ce basta el licito a la tua fame dura,
messo t'èi a 'rrobatura, como asscaran rapire.

Pare che la vergogna dereto agi iettata,
l'alma e lo corpo ài posto a llevar to casata;
omo ch'en rena mobele fa grann'edificata,
subito è 'n ruinata, e no li pò fallire.

Como la salamandra sempre vive nel foco,
cusì par che llo scandalo te sia solazzo e ioco;
dell'aneme redente par che ne curi poco!
Là 've t'accunci 'l loco, saperàilo al partire.

Se alcuno ovescovello pò covelle pagare,
mìttili lo fragello che lo vòl' degradare;
poi 'l mandi al cammorlengo, che se deia acordare;
e tanto porrà dare che 'l lassarai redire.

Quando nella contrata t'aiace alcun castello,
'n estante mitti screzio enfra frat'e fratello;
all'un getti el braccio en collo, all'altro mustri el coltello;
se no n'assente al tuo appello, menaccili de firire.30

Pènsite per astuzia lo mondo dominare;
ciò ch'ordene l'un anno, l'altro el vidi guastare.
El mondo non n'è cavallo che sse lass'enfrenare,
che 'l pòzzi cavalcare secondo tuo volere!

Quando la prima messa da te fo celebrata,
venne una tenebria per tutta la contrata;
en santo non remase luminera apicciata,
tal tempesta levata là 've tu stavi a ddire.

Quando fo celebrata la 'ncoronazione,
non fo celato al mondo quello che c'escuntròne:
quaranta omen' fòr morti all'oscir de la masone!
Miracol Deo mustròne, quanto li eri 'n placere.

Reputavi te essare lo plu sufficiente
de sedere en papato sopre onn'omo vivente;
clamavi santo Petro che fusse respondente
s'isso sapìa neiente respetto al tuo sapere.

Punisti la tua sedia da parte d'aquilone,
[es]cuntra Deo altissimo fo la tua entenzione.
Per sùbita ruina èi preso en tua masone
e null'o[m] se trovòne a poterte guarire.

Lucifero novello a ssedere en papato,
lengua de blasfemìa, ch'el mondo ài 'nvenenato,
che non se trova spezia, bruttura de peccato,
là 've tu si enfamato vergogna è a profirire.

Punisti la tua lengua contra le reliuni,
a ddicer blasfemia senza nulla rasone;
e Deo sì t'à somerso en tanta confusione
che onn'om ne fa canzone tuo nome a maledire.

O lengua macellara a ddicer villania,
remproperar vergogne cun granne blasfemìa!
Né emperator né rege, chivelle altro che sia,
da te non se partia senza crudel firire.

O pessima avarizia, sete endopplicata,
bever tanta pecunia, no n'essere saziata!
Non 'l te pensavi, misero, a ccui l'ài congregata,
ché tal la t'à arrobata, che no n'eri en pensieri.

La settemana santa, ch'onn'omo stava 'n planto,
mandasti tua famiglia per Roma andare al salto;
lance giero rompenno, faccenno danz'e canto;
penso ch'en molto afranto Deo ['n] te deia ponire.

Intro per Santo Petro e per Santa Santoro
mandasti tua famiglia faccenno danza e coro;
li pelegrini tutti scandalizzati fòro,
maledicenno tu' oro e te e to cavalieri.

Pensavi per augurio la vita perlongare!
Anno dìne né ora omo non sperare!
Vedem per lo peccato la vita stermenare,
la morte appropinquare quand'om pensa gaudere.

Non trovo chi recordi papa nullo passato,
ch'en tanta vanagloria se sia sì delettato.
Par ch'el temor de Deo dereto agi gettato:
segno è d'om desperato o de falso sentire.



Parafrasi

O Papa Bonifacio, hai goduto molto durante la tua vita, per cui penso che non potrai morire felice.
La vita non permette ai suoi sudditi di essere gioiosi al momento del trapasso . Non farà una legge nuova per renderti esente (da ciò), senza darti lo stesso trattamento che dà ai suoi servitori.
Ne ero sicuro che ti fossi soddisfatto di questa condotta immorale che hai tenuto durante la vita , ma dal momento che sei salito al trono pontificio, non si addice al tuo essere ogni desiderio come di prima.
Un vizio di lunga data diventa un tratto caratteriale , tu hai saputo accumulare beni terreni, ora ciò che è lecito non basta più al tuo desiderio famelico , e ti sei dato alla ruberia rapinando come un bandito .
Sembra che tu ti sia lasciato dietro la vergogna, hai cercato in ogni modo ad innalzare la tua casata, ma quando uno fa una costruzione sulle sabbie mobili, cade subito tutto in rovina inevitabilmente.
Se qualche vescovo è in condizione di pagare qualcosa , tu gli dai il tormento, minacciando di degradarlo, poi lo mandi dal tesoriere affinché prenda accordi con lui, e alla fine avrà pagato tanto che lo lascerai tornare al suo ruolo.
Quando desideri un qualche castello in un posto, immediatamente semini discordia tra fratello e fratello, ad uno getti le braccia al collo, all’altro mostri il coltello, e se non acconsente alla tua richiesta, minacci di ferirlo.
Tu credi di poter dominare il mondo con l’astuzia, ma ciò che fai in un anno lo vedi sfumare nel successivo: il mondo non è un cavallo che si lascia imbrigliare e che tu puoi cavalcare ogni volta che puoi.
Quando da te fu celebrata la prima messa le tenebre scesero ovunque, in chiesa non rimase un solo lume acceso, tale fu la tempesta che si levò là dove tu stavi predicando.
Quando fu celebrata la tua incoronazione non restò nascosto al mondo ciò che accadde, morirono quaranta uomini all’uscita del palazzo , Dio fece un tale prodigio per dimostrare quanto gli eri gradito.
Credevi di essere il prescelto a sedere su soglio pontificio, oltre ogni altro uomo vivente, invocavi San Pietro perché ti dicesse se egli sapeva qualcosa in confronto al tuo sapere.
Hai posto il tuo seggio dalla parte di Lucifero , la tua intenzione fu contraria a Dio l’Altissimo, per un improvviso rovescio della fortuna fosti catturato all’interno del palazzo e non ci fu nessuno che ti potesse salvare.
Nell’occupare il seggio papale sei stato un novello Lucifero, riuscendo ad avvelenare il mondo, cosicché in esso non si trova più una sola cosa buona , ma solo bruttura di peccato, e delle cose di cui sei accusato delle quali è vergogna anche solo dire i nomi .
Hai messo la tua lingua contro gli ordini religiosi , dicendo cose turpi senza ragione alcuna, e Dio ti ha sommerso di una tale confusione, tale da far maledire il tuo nome.
O lingua assassina nel dire malignità, e nel rinfacciare episodi umilianti con grande arroganza, né re né imperatore, né nessun altro, si è mai congedato da te senza essere stato crudelmente ferito.
O pessima avidità e sete che si raddoppia di continuo, bere tanto denaro senza esserne sazi! Non ci pensavi, poveretto, a vantaggio di chi la stessi accumulando, perché te l’ha rubata uno che cui proprio non avevi pensato.
Durante la settimana santa, mentre ogni uomo era in lutto, mandasti la tua famiglia a fare un torneo per le strade di Roma, andarono spezzando lance e facendo danze e canti, penso che Dio te ne debba punire con molto tormento .
All’interno di San Pietro e nel Sancta Sanctorum mandasti la tua famiglia a danzare e intonare cori, tutti i pellegrini ne rimasero scandalizzati, maledicendo il tuo oro e te e i tuoi cavalieri.
Pensavi di poterti allungare la vita con sortilegi, ma l’uomo non può sperare né anno, né giorno, né ora; vediamo la vita essere troncata mentre si è nel peccato, avvicinarsi la morte mentre l’uomo pensa di poter gioire.
Non trovo chi si ricordi di un qualche papa precedente che si sia a tal punto dilettato in tanta vanagloria dimenticandoti di Dio, il che è segno di un uomo dalla scarsa fede.


Analisi del testo

Livello metrico: La lauda è costruita metricamente come una ballata, ma ha la struttura dell’epistola in versi. Il distico della ripresa e le 20 quartine sono composti di settenari doppi (come le altre due epistole a Bonifacio VIII), secondo lo schema xy; aaay. Nella ripresa il secondo settenario del primo verso rima con il primo del secondo verso («mondo» : «iocondo»). Nelle strofe la rima a torna nel primo settenario del quarto verso («essente» : «presente»; «papato» : «stato», ecc.). Le rime ai vv. 4-5, 55-56 e tra i vv. 34, 42, 46, 78 e la ripresa sono rime siciliane; si trovano consonanze o quasi-rime ai vv. 67-68 e tra i vv. 66, 74 (in rima tra loro) e la ripresa.

Schema metrico: lauda in forma di ballata, composta da una ripresa (ritornello) di due doppi settenari, rimati secondo lo schema X(x)Y e di 20 strofe di doppi settenari rimati secondo lo schema AAA(a)Y.


Le parole chiavi sono:

- ferita : (perché ripete questa parola spesso) feruta, ferita, guarita, ferire, ferita
- lingua: (perché come prima la ripete spesso) lengua, lengua, ligne
- scudo: scudo, scudi, scudato, scudone
- fuoco: ignita, foco, enfocato, ardore
- amore: amoroso, amore, amar
- grazia: grazia, grazia


Commento

Bonifacio VIII salì al trono pontificio dopo il rifiuto di Celestino V disgustato dagli intrighi della chiesa , che lui voleva più spirituale; invece Bonifacio era per l’affermazione della chiesa. Jacopone, entrato nell’ordine dei frati minori, aveva sottoscritto un manifesto d’opposizione che metteva in discussione la legittimità di Bonifacio. Scomunicato per questa ragione dal papa, Jacopone si era quindi rifugiato a Palestrina, ma quando la città, assediata dal papa venne espugnata, egli fu preso e rinchiuso in carcere, dove rimase fino all’elezione del nuovo papa (1304). Dal carcere inviò al pontefice tre lettere in versi tra cui anche questa lauda, scritta presumibilmente prima delle altre.L’opera è una lauda , una violenta invettiva piena di accuse contro Papa Bonifacio VIII. Queste accuse si riferiscono a diversi peccati: avidità, dissolutezza, empietà e superbia, crimini di nepotismo, pratiche di arti magiche e simonia ed eresia. Il componimento è quindi uno dei più violenti in assoluto dell’autore, e presenta quelle caratteristiche di invettiva che conferiscono al laudario Jacopo tratti di assoluta originalità all’interno del panorama Duecentesco.



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