Biografia:
Antonio Beccari o del Beccaio da Ferrara, nacque nel 1315: il padre voleva "trarlo a scienza", ma l'indole sua lo portò a vivere come poeta d'occasione, a vagabondare, racconta all'amico Antonio Pucci d'aver visto la Francia, la Spagna, la Provenza, Cipro e la Terra Santa oltre all'Italia.
È tra quei poeti che vissero ai margini delle corti signorili, cortigiani e giullari, rosi dai vizi, specie da quello del gioco. Di questa passione v'è traccia nell'opera sua: nell'agosto del 1340 faceva voti alla Vergine di star lontano dai dadi, ma non era uomo da mantenere simili promesse. Anche i facili amori sono materia della vita e dell'arte sua. Quando si trovò a Bologna ebbe una lita con il giullare Jacopo Salimbeni, lo ferì, e per queste venne allontanato temporaneamente dalla città emiliana. Un giorno che era a Ravenna e aveva perduto al gioco della zara, andò nella Chiesa dei Frati Minori e, tolte le candele che vi ardevano, le portò sulla tomba di Dante perché gli pareva che il poeta, più dei santi, fosse degno di quella luminaria: fu uno spirito bizzarro, dunque; visse in amicizia e in corrispondenza poetica con Antonio Pucci, Fazio degli Umberti e col Petrarca.
La le sue opere vi sono un canzoniere composto da poesie amorose e 28 di carattere politico, e 50 sonetti d'occasione in stile giullaresco. Fonte di ispirazione furono gli ideali sognati che si scontravano con la triste e povera realtà, i suoi comportamenti non compresi e anche la polemica nei confronti dei potenti laici e religiosi.
Antonio Beccari o del Beccaio da Ferrara, nacque nel 1315: il padre voleva "trarlo a scienza", ma l'indole sua lo portò a vivere come poeta d'occasione, a vagabondare, racconta all'amico Antonio Pucci d'aver visto la Francia, la Spagna, la Provenza, Cipro e la Terra Santa oltre all'Italia.
È tra quei poeti che vissero ai margini delle corti signorili, cortigiani e giullari, rosi dai vizi, specie da quello del gioco. Di questa passione v'è traccia nell'opera sua: nell'agosto del 1340 faceva voti alla Vergine di star lontano dai dadi, ma non era uomo da mantenere simili promesse. Anche i facili amori sono materia della vita e dell'arte sua. Quando si trovò a Bologna ebbe una lita con il giullare Jacopo Salimbeni, lo ferì, e per queste venne allontanato temporaneamente dalla città emiliana. Un giorno che era a Ravenna e aveva perduto al gioco della zara, andò nella Chiesa dei Frati Minori e, tolte le candele che vi ardevano, le portò sulla tomba di Dante perché gli pareva che il poeta, più dei santi, fosse degno di quella luminaria: fu uno spirito bizzarro, dunque; visse in amicizia e in corrispondenza poetica con Antonio Pucci, Fazio degli Umberti e col Petrarca.
La le sue opere vi sono un canzoniere composto da poesie amorose e 28 di carattere politico, e 50 sonetti d'occasione in stile giullaresco. Fonte di ispirazione furono gli ideali sognati che si scontravano con la triste e povera realtà, i suoi comportamenti non compresi e anche la polemica nei confronti dei potenti laici e religiosi.