Biografia:
Francesco, figlio di Pietro Bernardone, mercante facoltoso, esportatore e importatore laniero con la Francia, nasce ad Assisi nel 1182. Oggi Francesco è un nome che richiama subito alla mente un clima di santità, ma Pietro Bernardone probabilmente chiamò così suo figlio solo per simpatia verso un paese amico, la Francia, con cui gli riusciva di combinare grossi affari, o forse in omaggio alla moglie Pica, francese di origine. Della sua vita la storia ci ha tramandato poche date certe: la rinuncia clamorosa ai beni paterni sulla piazza di Assisi nel 1205, nel 1210 la visita a papa Innocenzo III che lo accoglie benignamente, lo ascolta e lo approva. E sì che Francesco, con quel suo predicare la perfetta povertà, aveva tutta l'aria d'un rivoluzionario; e verso i rivoluzionari questo papa non era tenero. Cinque anni dopo sarà proprio Innocenzo III a decretare la condanna di Albigesi, Valdesi e Gioachimiti, con la conseguente strage di Beziers.
Nel 1217 avviene la convocazione del primo capitolo generale dei Minori alla Porziuncola; nel 1221 la stesura alla Regola dell'Ordine; nel 1223 si ha l'approvazione ufficiale della Regola da parte di papa Onorio III. Nel 1224 Francesco si ritira alla Verna; nel 1226 muore ad Assisi.
Descrizione
Secondo Tomaso da Celano era facondissimo nel parlare e ilare d'aspetto; benigno di viso; di statura mediocre; piccoletto; testa non grande e rotonda; faccia alquanto lunga e protesa, fronte piana e piccola, occhi di giusta misura, neri e semplici; capelli foschi; orecchie dritte ma piccole; tempie piane; lingua spedita, di fuoco e acuta; voce veemente, dolce, chiara e sonora; denti uniti, uguali e bianchi, piccole labbra sottili, barba nera ma rada; collo stretto; omeri diritti, braccia lievi; mani scarne, dita lunghe, unghie non corte; gambe sottili, piedi piccoletti; pelle delicata, pochissima carne; ruvida la veste; sonno brevissimo; mano generosaLa leggenda
La leggenda si impadronisce della vita di Francesco fin dalla sua stessa epoca; pochi anni dopo la sua morte le pareti delle cattedrali si animano già delle immagini di lui: la predica agli uccelli, le stimmate, il lupo di Gubbio, la spoliazione dei beni e delle vesti, il papa che approva la Regola, il Solimano con tutto il suo corteggio di dignitari in turbante, la morte tra fraticelli smarriti e oranti, mentre l'anima sua vola in alto trasportata da schiere d'angeli; e ovunque la natura di ulivi e cipressi radi, e le colline umbre che egli tanto amava.
La popolarità immensa di questo piccolo uomo fragile e trascinante nasce probabilmente da due parole che gli furono viatico per tutta la vita: povertà e amore. È l'amore di Dio che fa sorgere in lui il bisogno di portare in mezzo alla sua gente l'eterna parola di Cristo, sarà il cavaliere di Dio. Francesco andrà per le strade scalzo, povero tra i poveri, per cantare alte e chiare le lodi del Signore affinché tutti sentano e sappiano che «la Parola» è ancora viva e presente. Da questo atteggiamento di totale dedizione alla ragione di Dio, nasceranno la vita di un Santo e una poesia tra le più intense che lo spirito religioso abbia dettato all'uomo: Il cantico delle creature, una lauda in cui la visione delle cose è scoperta serena di un mondo unito dall'amore per il Padre comune.