Il messo celeste, illustrazione di Gustave Doré |
Il canto è ambientato nel VI Cerchio, all'ingresso della città di Dite, e qui sono puniti gli esiarchi. Qui appaiono le tre furie (le Erinni) che invocano Medusa, in grado di pietrificare chiunque incroci il suo sguardo, ma Dante viene prontamente avvertito dal suo maestro e protetto dalle sue stesse mani. Le cose vanno migliorando quando sul posto giunge un messo celeste che minaccia pene più severe a coloro che osano opporsi alla volontà divina (ovvero al cammino di Dante) e con un piccolo scettro rende ai due poeti accessibile il passaggio per la città di Dite.
Analisi del canto
Il canto si presenta come il continuo di quello precedente (Inferno Canto VIII), che aveva creato un clima di sospensione e di attesa per l'arrivo di un inviato celeste.
La tensione dei due poeti in attesa dell’aiuto divino è l’indice della difficile battaglia che il bene deve sostenere contro il male. La ragione e la volontà umana (Virgilio) sono insufficienti a vincere il vizio (i demoni), ma la Provvidenza divina non abbandona l’uomo di buona volontà: l’intervento della Grazia, simboleggiata dal Messo celeste (probabilmente un angelo), sconfigge il male. E così il poeta pellegrino può continuare il proprio cammino verso la salvezza.
Il tema allegorico
Come ci avvertono i vv. 61-63, il canto richiede un’attenta interpretazione allegorica: la dottrina si nasconde sotto 'I velame de li versi strani.
Questi sono i significati simbolici delle figure presenti nel canto.
- Le tre Furie (o Erinni): la cattiva coscienza; la vendetta, la punizione, i rimorsi che tormentavano chi si era macchiato di delitti di sangue.
- Medusa: il terrore; il dubbio religioso; la disperazione della salvezza.
- Messo celeste: la dottrina cristiana; la Grazia divina che soccorre chi vuole redimersi (viene in soccorso quando la ragione di Virgilio non basta).
Le figure retoriche
Qui di seguito trovate tutte le figure retoriche del nono canto dell'Inferno. Per una migliore comprensione del testo vi consigliamo di leggere la parafrasi del Canto 9 dell'Inferno.Di fuor mi pinse = anastrofe (v. 1). Sta a significare "mi colorò sul viso".
Il duca mio = anastrofe (v. 2). Sta a significare "la mia guida".
Più tosto dentro il suo novo ristrinse = anastrofe (v. 3). Sta a significare "subito fece ritirare quello insolito di Virgilio".
Di riguardar disio = anastrofe (v. 107). Sta a significare "desiderio di guardare".
Attento si fermò com’uom ch’ascolta = similitudine (v. 4). Sta a significare "si fermò attento come l’uomo che ascolta".
Trista conca = perifrasi (v. 16). S'intende "la dannata cavità", ovvero l'Inferno.
Di poco era di me la carne nuda = sineddoche (v. 25). Sta a significare "mi ero separato da poco dal mio corpo", cioè "ero morto da poco tempo".
Vegna Medusa = apostrofe (v. 52). È un invocazione e va intesa come "Venga qui Medusa".
Come le rane innanzi a la nimica biscia per l’acqua si dileguan tutte, fin ch’a la terra ciascuna s’abbica, vid’io più di mille anime distrutte fuggir così dinanzi ad un ch’al passo passava Stige con le piante asciutte = similitudine (vv. 76-81). Sta a significare "Come le rane fuggono tutte sull'acqua dinnanzi alla serpe loro nemica, finché ciascuna si ammucchia sulla terraferma, così io vidi più di mille anime di iracondi fuggire davanti ad uno che attraversava lo Stige camminando, coi piedi asciutti".
Sì come ad Arli, ove Rodano stagna, sì com’a Pola, presso del Carnaro ch’Italia chiude e suoi termini bagna, 114 fanno i sepulcri tutt’il loco varo, così facevan quivi d’ogne parte, salvo che ’l modo v’era più amaro = similitudine (vv. 112-117). Sta a significare "Proprio come ad Arles, dove il Rodano s'impaluda, e come a Pola, presso il golfo del Quarnaro che è ai confini d'Italia e li bagna, i sepolcri rendono il luogo tutto accidentato, così avveniva qui in ogni parte, solo che il modo produceva più dolore".
Enjambements = vv. 5-6; 19-20; 35-36; 37-38; 58-59; 64-65; 67-68; 73-74; 86-87.