Ritratto di Venere, la dea padrona del cielo dove si svolge il canto nono |
Analisi del canto
Il canto delle profezieTre profezie fanno da «cerniera» del canto: quella breve ed ellittica di Carlo Martello in apertura (vv. 1-6), quella centrale (vv. 43-60) di Cunizza da Romano, e in chiusura (vv. 124-142) quella di Folchetto da Marsiglia. Il discorso profetico si fonde con i toni della polemica e dell'invettiva contro peccati e peccatori di cui esse annunciano e denunciano la malvagità.
- Prima profezia (vv. 1-6). Carlo Martello rivela il male che subirà la sua discendenza regia, e annuncia una futura vendetta divina che Dante non può però rivelare; da qui l'aspro rimprovero agli uomini traviati ed empi.
- Seconda profezia (vv. 43-60). Triplice profezia di Cunizza da Romano contro le città e i signori corrotti e crudeli della Marca Trevigiana. Storicamente circostanziata, la profezia fa riferimento a fatti storici avvenuti dopo il 1300 di cui Dante aveva avuto notizia, e denuncia le sanguinose efferatezze che provocheranno la vendetta divina.
- Terza profezia (vv. 124-142). Folchetto da Marsiglia, dopo aver denunciato la vergognosa indifferenza del papato e dei cardinali per gli interessi della cristianità, e il loro esclusivo interesse per il maledetto fiore, cioè per il denaro, annuncia la prossima liberazione di Roma, per intervento divino, dall'avoltero, dal papato adultero e traditore della Chiesa. Si tratta, come nel caso della prima profezia, di una speranza generica che prende rilievo e forza dalla forma e dal tono appunto messianico con cui viene espressa.
I tre beati
Cunizza, Folchetto e Raab sono i beati più rappresentativi degli spiriti amanti, testimoni diretti delle influenze celesti amorose che possono risolversi, male assecondate, in eccessiva passione per i beni del corpo, e così determinare la collocazione in questo cielo relativamente basso nel Paradiso. Tutti e tre, infatti, hanno condotto la prima parte della vita travolti dall'amore peccaminoso, riscattandosi e convertendosi poi negli ultimi anni di vita. Cunizza e Folchetto ci spiegano come, ora che sono in Paradiso, godono solo dell'essenza positiva dell'influenza di Venere, che deriva dall'amore di Dio e a lui riconduce.
Il linguaggio dell'invettiva
Il dato stilistico più evidente nel canto è la crudezza e l'asprezza del linguaggio usato da Dante, corrispondente all'indignazione morale che ne ispira le denunce profetiche e le frequenti invettive. I toni e le espressioni sono quelli già noti e tipici nell'Inferno e nel Purgatorio, ma colpiscono qui in modo speciale per il contrasto con l'ambiente del Paradiso. Gli esempi coprono l'intera sequenza, dalle anime ingannate e fatture empie (v. 10), al maladetto fiore del v. 130.
VEDI ANCHE: Paradiso Canto 9 - Figure retoriche