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Tutto ho perduto: Ungaretti: parafrasi, analisi e commento

Appunto di letteratura riguardante la poesia "Tutto ho perduto" di Giuseppe Ungaretti: testo, parafrasi, analisi del testo, figure retoriche e commento.

La poesia "Tutto ho perduto" è stata scritta da Giuseppe Ungaretti e fa parte dell'omonima sezione della raccolta Il dolore.



Indice




Testo

Tutto ho perduto dell’infanzia
e non potrò mai più
smemorarmi in un grido.

L'infanzia ho sotterrato
nel fondo delle notti
e ora, spada invisibile,
mi separa da tutto.

Di me rammento che esultavo amandoti,
ed eccomi perduto
in infinito delle notti.

Disperazione che incessante aumenta
la vita non mi è più,
arrestata in fondo alla gola,
che una roccia di gridi



Parafrasi

Ho perduto ogni cosa della mia infanzia
e non potrò mai più perdere
la memoria del doloroso passato attraverso un grido.

Ho custodito l'infanzia
nel fondo delle notti
e ora, come una spada invisibile,
mi divide da ogni cosa.

Mi ricordo quando ti volevo bene,
ed ora mi sento smarrito
nell'infinità delle notti.

Disperazione in continuo aumento
la vita non è più per me,
fermatasi in fondo alla gola,
come sedimentazione di gridi.



Analisi del testo

Metrica: versi liberi, in strofe di terzine e quartine alternate.

La mancanza di parole davanti alla tragedia spinge Ungaretti a usare uno stile di scrittura dalle forme sintattiche semplici e piane, simili ad un monologo drammatico recitato a voce alta; abbandona lo stile enigmatico e allusivo di Sentimento del tempo, e questo dà modo al poeta di nominare ogni cosa in modo chiaro e preciso.

Al verso di luce che compare come un lampo, "esultavo amandoti", si contrappone il buio della notte dei versi 5 e 10 in cui ora il poeta si sente perduto per sempre.



Figure retoriche

Sinestesia = "roccia di gridi" (v. 14). Sfera sensoriale visiva (roccia) e sfera sensoriale uditiva (gridi).

Metafora = "L'infanzia ho sotterrato nel fondo delle notti" (v. 4-5).

Iperbole = "in infinito delle notti" (v. 10).

Similitudine = "arrestata in fondo alla gola / che una roccia di gridi" (v. 13-14).



Commento

La lirica sembra affrontare solo ed esclusivamente il tema della scomparsa del fratello di Ungaretti ("Di me rammento che esultavo amandoti") ma in realtà egli è il fatto scatenante di un dolore ancora più grande nel presente di Ungaretti: la perdita di ogni legame con la sua infanzia. Il fratello defunto rappresentava l'ultimo "testimone" della sua infanzia, questo vuol dire che quando pensava al fratello o quando lo incontrava e iniziavano a parlare del passato, rivivevano quei momenti di vita vissuti insieme di quando ancora erano ancora dei fanciulli, mentre ora non ha nessun altro con cui condividere queste emozioni e il solo ricordare il passato non lo conforta più.
Il testo ha una forma autobiografica e, attraverso il quale, il poeta vuole trasmettere il suo stato d'animo per aver subito la perdita dell'infanzia e tutto ciò che essa rappresentava. Il discorso riguarda, in particolare, il ruolo della memoria, che porta dentro di sé ricordi dolorosi della vita. L'infanzia, invece, non ha memoria, in quanto è vissuta in modo spontaneo e felice, senza pensieri, senza le preoccupazioni del passato. Il poeta non è in grado di "smemorarsi", cioè di dimenticare il passato e ritornare a uno stato di fanciullezza felice.Il "grido" simboleggia la spensieratezza giovanile. Nei versi finali il poeta si ritrova incastrato nella gola una forma di grido così dura da sembrare roccia, cioè è tale la sofferenza per il lutto da non avere più nemmeno la forza di parlare. Il termine "roccia" simboleggia la disperazione per il suo continuo crescere (negli anni) e, di conseguenza, l'allontanarsi dall'infanzia.
Le strofe centrali servono a rendere più chiara la conclusione finale. Sotterrando l'infanzia il poeta ha perso se stesso, si sente così impotente nei confronti di ciò che rimane e privo di speranza da arrivare a dire che non gli resta altro che il buio della morte, cioè è caduto in un vortice di disperazione che non ha alcuna via d'uscita.



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