La poesia "D'agosto" è stata scritta da Giuseppe Ungaretti nel 1925 e fa parte della raccolta Sentimento del tempo.
Indice
Testo
Avido lutto ronzante nei vivi,Monotono altomare,
Ma senza solitudine,
Repressi squilli da prostrate messi,
Estate,
Sino ad orbite ombrate spolpi selci,
Risvegli ceneri nei colossei…
Quale Erebo t’urlò?
Parafrasi
(In agosto)Una morte avida sorvola tra i vivi,
il mare è noiosamente calmo,
e mai deserto,
rintocchi ovattati provengono da chiese spente.
L'estate
fino alle ombre della sera logora la pietra,
scuote la quiete degli impolverati colossei...
Quale divinità ti ha generato?
Analisi del testo e commento
Come abbiamo già visto nella poesia Di luglio, per Ungaretti l'estate rappresenta più il male che il bene. La paragona dapprima alla morte personificata che sfiora le persone (i vivi); poi la definisce noiosa, poiché in estate il mare è una tavola e pure affollato e quindi non è né affascinante come un mare agitato né utile per isolarsi e per riflettere; dice che la luce del sole consuma la selce (roccia sedimentaria composta quasi esclusivamente da silice); disturba perfino la polvere dei colossei e infine si chiede chi mai l'abbia generata. Nomina la divinità greca Erebo in quanto è la personificazione dell'oscurità ed è anche usato per indicare gli Inferi, e poi anche perché da Egli nacquero numerosi figli come Nemesi (la vendetta), Apate (l'inganno), Ker (la morte violenta), Eris (la discordia), Thanatos (la morte) ecc.Figure retoriche
Antonomasia = "Erebo" (v. 8).