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Purgatorio Canto 17 - Figure retoriche

Tutte le figure retoriche presenti nel diciassettesimo canto del Purgatorio (Canto XVII) della Divina Commedia di Dante Alighieri.

Qui di seguito trovate tutte le figure retoriche del diciassettesimo canto del Purgatorio. In questo canto a Dante ha visioni di esempi di ira punita e al termine del quale l'angelo della pace gli cancella la seconda P dalla sua fronte. Virgilio spiega a Dante la teoria dell'amore e come si diventa peccatori di accidia. Per una migliore comprensione del testo vi consigliamo di leggere la parafrasi del Canto 17 del Purgatorio.


Le figure retoriche

Vedessi non altrimenti che per pelle talpe come, quando i vapori umidi e spessi a diradar cominciansi, la spera del sol debilemente entra per essi = similitudine (vv. 2-6). Cioè: "tu vedesti non diversamente dalla talpa con gli occhi coperti dalla pelle, come il sole penetra debolmente attraverso i vapori umidi e spessi quando questi iniziano a diradarsi".

La spera / del sol = enjambement (vv. 5-6).

O imaginativa = apostrofe (v. 13).

Ch’om non s’accorge perché dintorno suonin mille tube = iperbole (v. 14-15). Cioè: "che uno non si accorge neppure che suonano mille trombe".

Chi move te = anastrofe (v. 16). Cioè "che ti muove".

Ne l’imagine mia = anastrofe (v. 21). Cioè: "nella mia immagine, nella mia mente".

Non venìa cosa = enjambement (vv. 23-24).

Dispettoso e fero = endiadi (v. 26). Cioè: "sdegnoso e irato".

Rompeo sé per sé stessa, a guisa d’una bulla cui manca l’acqua sotto qual si feo = similitudine (vv. 31-33). Cioè: "svanì di per se stessa, come una bolla d'aria che viene meno perché sotto di essa non c'è più acqua".

Ancisa t’hai = anastrofe (v. 37). Cioè: "ti sei uccisa".

Come si frange il sonno ove di butto nova luce percuote il viso chiuso, che fratto guizza pria che muoia tutto; così l’imaginar mio cadde giuso tosto che lume il volto mi percosse, maggior assai che quel ch’è in nostro uso
= similitudine (vv. 40-45). Cioè: "Come il sonno si interrompe, quando di colpo una luce improvvisa colpisce gli occhi chiusi, così che esso scompare gradualmente poco alla volta; così la mia visione cessò non appena il viso fu colpito da una luce, assai più intensa di quella cui siamo abituati"

Il viso chiuso = sineddoche (v. 41). Cioè: "gli occhi chiusi", il tutto per la parte.

Ma come al sol che nostra vista grava e per soverchio sua figura vela, così la mia virtù quivi mancava = similitudine (vv. 52-54). Cioè: "Ma come davanti al sole che abbaglia la nostra vista e per eccesso di luce nasconde la sua figura, così in questo caso la mia capacità visiva veniva meno".

Divino spirito = anastrofe (v. 55). Cioè: "spirito divino".

Ne la / via = enjambement (vv. 55-56).

Sì fa con noi, come l’uom si fa sego = similitudine (v. 58). Cioè: "Si comporta con noi come l'uomo fa con se stesso".

Or accordiamo a tanto invito il piede = metonimia (v. 61). Cioè: "Ora affrettiamoci per assecondare un così alto invito", il concreto per l'astratto.

Al primo grado fui = anastrofe (v. 66). Cioè: "fui al primo gradino".

Beati / pacifici = enjambement (vv. 68-69). Cioè: "Beati i pacifici".

Che la notte segue = anastrofe (v. 71). Cioè: "che segue la notte".

O virtù mia = apostrofe (v. 73).

Ed eravamo affissi pur come nave ch’a la piaggia arriva = similitudine (v. 78). Cioè: "ed eravamo fermi proprio come una nave che è arrivata alla riva".

Maestro mio = anastrofe (v. 81). Cioè: "mio maestro".

Dolce mio padre = anastrofe (v. 82). Cioè: "Mio dolce padre".

Scemo / del suo dover = enjambement (vv. 85-86).

Nel primo ben diretto = perifrasi (v. 97). Per dire "verso Dio, il bene supremo".

Comprender puoi = anastrofe (v. 103). Cioè: "puoi comprender".

‘l contrario ama = anastrofe (v. 120). Cioè: "desidera il contrario".

Buona / essenza = enjambement (vv. 134-135).

Frutto e radice = endiadi (v. 135).



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