Qui di seguito trovate tutte le figure retoriche del ventiquattresimo canto del Paradiso. In questo canto Beatrice prega i beati affinché soddisfino il desiderio di sapienza di Dante e tra questi appare san Pietro. Beatrice lo invita a esaminare Dante sulla fede e per questa ragione gli pone delle domande. Al termine dell'esame, Dante ottiene l'approvazione dell'apostolo che lo benedice cantando e compiendo tre giri intorno a lui. Per una migliore comprensione del testo vi consigliamo di leggere la parafrasi del Canto 24 del Paradiso.
Le figure retoriche
La gran cena = metafora (v. 1). Per indicare il cibo della mente. Si fa anche un riferimento all'ultima cena di Gesù con gli apostoli.
Benedetto Agnello = perifrasi (v. 2). Per indicare Gesù Cristo, nel suo ruolo di vittima sacrificale per la redenzione dei peccati dell'umanità..
Roratelo = metafora (v. 8). Cioè: "dissetare il desiderio di conoscenza".
Fonte = perifrasi (v. 9). Cioè: "metafora". Per indicare la mente di Dio.
Fiammando, a volte, a guisa di comete = similitudine (v. 12). Cioè: "mandando raggi intorno nel girare come le comete".
E come cerchi in tempra d’oriuoli si giran sì, che ‘l primo a chi pon mente quieto pare, e l’ultimo che voli; così quelle carole, differente- mente danzando, de la sua ricchezza mi facieno stimar, veloci e lente = similitudine (vv. 13-18). Cioè: "E come gli ingranaggi degli orologi ruotano in modo tale che il primo sembra fermo, mentre l'ultimo è velocissimo, così quelle corone che danzavano in tondo, con velocità diverse, mi permettevano di valutare il loro maggiore o minore grado di beatitudine".
Veloci e lente = antitesi (v. 18).
Nullo vi lasciò di più chiarezza = perifrasi (v. 21). Per indicare le anime di maggiore splendore.
L’imagine nostra = anastrofe (v. 26). Cioè: "la nostra fantasia".
L’imagine nostra ... è troppo color vivo = metafora (vv. 26-27). Cioè: "la nostra fantasia è un colore troppo vivace".
Divota = enallage (v. 29). Dice "devota" anziché "con devozione, devotamente".
Foco benedetto = perifrasi (v. 31). Per indicare san Pietro.
La mia donna = perifrasi (v. 32). Per indicare Beatrice.
Luce etterna del gran viro a cui Nostro Segnor lasciò le chiavi = perifrasi (vv. 34-35). Cioè: "anima eterna del grande uomo a cui Gesù lasciò le chiavi di questa meravigliosa beatitudine", per indicare san Pietro.
Lievi e gravi = ossimoro (v. 37). Cioè: "secondarie ed essenziali".
Per la qual tu su per lo mare andavi = perifrasi (v. 39). Per indicare san Pietro che scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù.
Spera e crede = endiadi (v. 40).
Quivi dov’ogne cosa dipinta si vede = perifrasi (vv. 41-42). S'intende nella mente di Dio.
Regno = perifrasi (v. 43). Per indicare il Regno dei Cieli, ovvero il Paradiso.
Sì come il baccialier s’arma e non parla fin che ’l maestro la question propone, per approvarla, non per terminarla, così m’armava io d’ogne ragione mentre ch’ella dicea, per esser presto a tal querente e a tal professione = similitudine (vv. 46-51). Cioè: "Come il baccelliere si prepara e rimane in silenzio finché il maestro non ha proposto l'argomento della discussione, per confermarlo con argomenti a sostegno e non per portarlo a compimento, così io mi preparavo con ogni mezzo dialettico mentre Beatrice parlava, per dimostrarmi pronto di fronte a un tale esaminatore (Pietro) e a una tale professione (di fede)".
Per approvarla, non per terminarla = antitesi (v. 48). Cioè: ", per produrre prove a sostegno della propria tesi (per approvarla), non per trarne le conclusioni".
Fede che è = anastrofe (v. 53). Cioè: "che cos'è la fede?".
Io spandessi l’acqua di fuor del mio interno fonte = metafora (vv. 56-57). Cioè: "io sgorgassi fuori l'acqua della mia fonte interiore", per dire "io rispondessi".
L’alto primipilo = perifrasi (v. 59). Cioè: "l'alto condottiero della Chiesa", per indicare Pietro.
Assai bene è trascorsa d’esta moneta già la lega e ‘l peso = metafora (vv. 83-84). Cioè: "la lega e il peso di questa moneta (la fede) è ben passata per le tue mani (la conosci molto bene)".
Sì lucida e sì tonda, che nel suo conio nulla mi s’inforsa = metafora (vv. 86-87). Cioè: "possiedo questa moneta così lucida (chiara) e tonda (perfetta) che nulla del suo valore mi lascia dei dubbi (possiedo una fede assolutamente integra)".
Cara gioia sopra la quale ogne virtù si fonda = metafora (vv. 89-90). Cioè: "la gemma preziosa sulla quale si fonda ogni altra virtù", per indicare la fede.
La prova che ’l ver mi dischiude = anastrofe (v. 100). Cioè: "la prova che mi dimostra la verità".
A che natura non scalda ferro mai né batte incude = metafora (vv. 101-102). Cioè: "per i quali la natura non scalda ferro (non ha materia) né batte incudine (non ha né i mezzi, non ha capacità)".
Povero e digiuno = endiadi (v. 109). Cioè: "povero e umile".
Quest’uno / è tal = enjambement (vv. 107-108).
A seminar la buona pianta che fu già vite e ora è fatta pruno = metafora (v. 110). Qui paragona la fede a una pianta che un tempo dava buoni frutti mentre adesso non più, cioè la Chiesa è diventata corrotta.
Baron = perifrasi (v. 115). Per indicare Pietro.
Di ramo in ramo = metafora (v. 115). Cioè: "di questione in questione", è un modo di dire.
Tratto m’avea = anastrofe (v. 116). Cioè: "mi aveva tratto, mi aveva portato".
Che a l’ultime fronde appressavamo = metafora (v. 117). Continua la metafora dell'albero, dato che le fronde sono l'insieme dei rami e delle foglie di un albero. In questo caso sta a significare che l'esame sulle feda rivolto a Dante stava per giungere alla conclusione.
Che donnea / con la tua mente = enjambement (vv. 118-119). Cioè: "signoreggia la tua mente, signoreggia il tuo pensiero".
Più giovani piedi = perifrasi (v. 126). Per indicare san Giovanni, che arrivò prima di Pietro al sepolcro di Cristo.
Creder mio = anastrofe (v. 128). Cioè: "mia fede".
Uno Dio solo = anastrofe (vv. 129-130). Cioè: "in un solo Dio".
Che tutto ’l ciel move, non moto = antitesi (vv. 131-132). Cioè: "che muove tutto il Cielo restando immobile".
Con amore e con disio = endiadi (v. 132).
E come stella in cielo in me scintilla = similitudine (v. 147). Cioè: "e brilla in me come una stella in cielo".
Come ‘l segnor ch’ascolta quel che i piace, da indi abbraccia il servo, gratulando per la novella, tosto ch’el si tace; così, benedicendomi cantando, tre volte cinse me, sì com’io tacqui, l’appostolico lume al cui comando = similitudine (vv. 148-153). Cioè: "Come il signore che ascolta quello che vuole sentire, poi abbraccia il proprio servo felicitandosi per la buona notizia, non appena quello ha finito di parlare; così, benedicendomi e cantando, la luce di quell'apostolo (san Pietro) alle cui domande io avevo risposto mi girò attorno tre volte, non appena io terminai di parlare".