La morte meditata (datata 1932) è uno dei capitoli della raccolta Sentimento del tempo di Giuseppe Ungaretti. È costituita da 6 brevi canti e si colloca tra i due capitoli "Inni" e "L'amore". L'argomento centrale è, quindi, la morte. Bisogna essere preparati al suo arrivo e va pensata come una donna divina da guardare con distacco. Il binomio amore-morte non può che rievocare il ricordo di un altro grande poeta italiano: Giacomo Leopardi.
Qui di seguito trovate il testo dei 6 canti de La morte meditata:
Canto primo
O sorella dell’ombra,Notturna quanto più la luce ha forza,
M’insegui, morte.
In un giardino puro
Alla luce ti diè l’ingenua brama
e la pace fu persa,
Pensosa morte,
Sulla tua bocca.
Da quel momento
Ti odo nel fliure della mente
Approfondire lontananze,
Emula sofferente dell’eterno.
Madre velenosa degli evi
Nella paura del palpito
E della solitudine,
Bellezza punita e ridente,
Nell’assopirsi della carne
Sognatrice fuggente,
Atleta senza sonno
Della nostra grandezza,
Quando m’avrai domato, dimmi:
Nella malinconia dei vivi
Volerà a lungo la mia ombra?
Canto secondo
Scava le intime viteDella nostra infelice maschera
(Clausura d’infinito)
Com blandizia fanatica
La buia veglia dei padri
Morte, muta parola,
Sabbia deposta come um letto
Dal sangue,
Ti odo cantare come uma cicala
Nella rosa abbrunata dei riflessi.
Canto terzo
Incide le rughe segretedella nostra infelice maschera
la beffa infinita dei padri.
Tu, nella luce fonda,
o confuso silenzio,
insisti come le cicale irose.
Canto quarto
Mi presero per mano nuvole.Brucio sul colle spazio e tempo,
Come un tuo messaggero,
Come il sogno, divina morte.
Canto quinto
Hai chiuso gli occhi.Nasce una notte
Piena di finte buche,
Di suoni morti
Come di sugheri
Di reti calate nell’acqua.
Le tue mani si fanno come un soffio
D’inviolabili lontananze,
Inafferrabili come le idee,
E l’equivoco della luna
E il dondolio, dolcissimi,
Se vuoi posarmele sugli occhi,
Toccano l’anima.
Sei la donna che passa
Come una foglia
E lasci agli alberi un fuoco d’autunno.
Canto sesto
O bella preda,Voce notturna,
Le tue movenze
Fomentano la febbre.
Solo tu, memoria demente,
La libertà potevi catturare.
Sulla tua carne inafferrabile
E vacillante dentro specchi torbidi,
Quali delitti, sogno,
Non m’insegnasti a consumare?
Con voi fantasmi, non ho mai riteggno,
E dei vostri rimorsi ho pieno il cuore
Quando fa giorno