Nessuno è una poesia del poeta Salvatore Quasimodo, tuttavia non siamo a conoscenza della data di quando è stata composta e nemmeno la raccolta di cui fa parte. Ne riportiamo il testo, che trovate anche parafrasato e analizzato minuziosamente.
Nessuno: testo
Io sono forse un fanciullo
che ha paura dei morti,
ma che la morte chiama
perché lo sciolga da tutte le creature:
i bambini, l'albero, gli insetti;
da ogni cosa che ha cuore di tristezza.
Perché non ha più doni
e le strade son buie,
e più non c'è nessuno
che sappia farlo piangere
vicino a te, Signore.
Parafrasi
Io forse sono come un bambino che ha paura dei morti, ma che al tempo stesso chiama la morte, affinché essa lo allontani da ogni creatura vivente: i bambini, l'albero, gli insetti, da ogni cosa triste. Perché egli non ha più sollievo, le strade non sono illuminate e non c'è più nessuno da incontrare per strada, nessuno che sappia farlo piangere vicino a te, Signore.Analisi e commento
Attraverso questa poesia il poeta descrive come si sente dentro, ovvero sommerso dalla paura e smarrimento di fronte alla morte, vista come un'entità che separa dalla vita e dai legami affettivi. Il poeta si identifica nel più classico dei bambini che teme i morti (inteso come mostri, incubi, cattivi pensieri ecc.) però allo stesso tempo cerca la morte e l'attira a sé, richiamandola, in quanto è un mezzo per potersi liberare dalle sofferenze interiori.Il desiderio di essere liberato dalle creature viventi e dalle emozioni che portano tristezza come i bambini, gli alberi e gli insetti descrive la stanchezza del poeta a causa delle responsabilità e delle preoccupazioni legate alla vita.
La seconda strofa inizia con il verso "Perché non ha più doni", nel quale indica che la vita non ha più momenti di speranza e di gioia che siano in grado di risollevare il morale e distrarlo dalla negatività. Ormai per il poeta le strade sono buie, prive di gioia ed entusiasmo, e anche vuote, ovvero percorrendole non vi sono persone che vale la pena di incontrare. Il titolo "Nessuno" sta a significare che tutto ciò che rendeva la vita significativa non c'è più, è scomparso, e l'unica cosa rimasta è la solitudine, accompagnata dal senso di abbandono e dall'incapacità di trovare conforto. Ciò di cui il poeta-bambino ha bisogno è qualcuno con cui potersi confidare e una spalla su cui piangere in compagnia di Dio.
Figure retoriche
- Metafora = "Io sono forse un fanciullo" (v.1).
- Anafora = "perché" (v.4 , v.7); "che" (v.2 , v.10).
- Personificazione = "la morte chiama" (v.3).
- Sinestesia = "cuore di tristezza" (v.6)