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Paradiso canto 8: analisi, commento

Spiegazione, analisi e commento degli avvenimenti dell'ottavo canto del Paradiso (Canto VIII) della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Carlo Martello, illustrazione di Gustave Doré

Analisi del canto

Il canto di Carlo Martello
Il canto è costruito intorno alla figura del re angioino, con una struttura più articolata dei precedenti (e con analogie con il terzo canto, ispirato dalla figura di Piccarda Donati). La prima parte sviluppa il motivo della salita al cielo di Venere e dell'apparizione delle anime. Nella seconda parte abbiamo il dialogo di Dante con Carlo Martello, che si suddivide secondo uno schema classico in un primo momento sentimentale (con la rievocazione della propria vicenda umana), e in un secondo momento di trattazione dottrinale (sulle influenze celesti e sull'indole umana). Dal punto di vista della struttura narrativa, il canto si prolungherà nei primi 9 versi di quello successivo, con la misteriosa profezia e il congedo di Carlo Martello.


Le costanti strutturali
Riconosciamo nel canto altri elementi costanti nella costruzione narrativa e poetica del Paradiso:
  1. incipit di argomento mitologico (vv. 1-12);
  2. ascesa al cielo superiore senza apparente moto fisico, segnalata dall'accentuarsi della bellezza e della luminosità di Beatrice (vv. 13-15);
  3. modalità di apparizione e raffigurazione degli spiriti beati: luce, velocità, canto e danza (vv. 16-30);
  4. il procedere del dialogo su progressivi dubbi e domande di Dante (vv. 40-45; 86-93), e 5) il suo articolarsi in una parte personale e in una parte dottrinaria.


Dottrina e sentimento
Nel colloquio di Dante con Carlo Martello, individuiamo due motivi principali di interesse: quello dottrinario sulle influenze celesti e l'indole umana, e quello sentimentale e autobiografico sul rapporto di cortese amicizia fra i due protagonisti. I due temi si arricchiscono di valore concettuale e poetico proprio perché si intrecciano nella stessa dinamica psicologica del loro incontro.


La questione dottrinaria: influenze celesti e indole umana
Le parole di Carlo Martello ci dichiarano la prima importante applicazione reale delle influenze celesti: l'ordine universale è garantito dalla Provvidenza divina, che emana e distribuisce equamente le virtù attraverso il moto delle sfere celesti. Ne deriviamo due considerazioni:
  1. ogni uomo è dotato di un'indole atta a condurlo alla propria realizzazione e salvezza, e le diverse indoli sono distribuite in modo da permettere una giusta e armoniosa organizzazione sociale;
  2. la natura di ogni uomo non dipende dalla discendenza genetica: è così confermata l'idea di una nobiltà d'animo e non di stirpe, cardine del pensiero stilnovistico e di Dante stesso.


La polemica: l'avarizia dei potenti e la corruzione umana
La condanna espressa da Carlo Martello nei confronti dell'avarizia del fratello Roberto d'Angiò, re di Napoli, diventa ennesima occasione per la polemica dantesca contro la casata di Francia, ma soprattutto stigmatizza l'avarizia come vizio tipico dei potenti, che tradiscono così il loro alto compito di responsabili della vita civile. La stessa condanna si amplifica e si estende nei versi finali, con l'accusa della violenza che gli uomini esercitano opponendosi alle virtù e alle influenze celesti e piegando contro natura le attività degli individui: da qui deriva la corruzione delle società.


Il tema dell'amicizia e l'autobiografismo
Il rapporto di Dante con Carlo Martello rivela un'affettività particolare e intensa, grazie anche a quella vicinanza spirituale che deriva dalla conoscenza diretta e dalla consonanza spirituale (reale o supposta) del poeta con il giovane re. Lo testimoniano i riferimenti espliciti alla sua opera di poeta (cfr. v. 37), e la dichiarazione di intima amicizia messa in bocca all'anima di Carlo ai vv. 55-57, che rimandano all'incontro avvenuto tra i due personaggi nel 1294. L'episodio va a comporre quel quadro ideale di amicizie giovanili e di ambienti cortesi fiorentini cui Dante accenna nostalgicamente nel corso dell'opera: pensiamo almeno a Cavalcanti, a Forese Donati , e qui in Paradiso a Piccarda Donati.


L'incipit mitologico
L'eccellenza del canto è annunciata dall'altezza retorica dell'esordio, di natura mitologica. L'articolata rievocazione del mito di Venere arricchisce poeticamente il dato astronomico-narrativo dell'ascesa di Dante, e segna un netto stacco rispetto alla sequenza dottrinaria del canto precedente. Analoga formulazione avrà solo l'incipit del canto XVII, a sottolineare l'eccezionalità ideologica dei due canti.


L'autocitazione
Al v. 37 Dante mette in bocca a Carlo Martello il verso iniziale di una delle sue canzoni del Convivio. L'uso dell'autocitazione ha qui una funzione anche affettiva, perché stabilisce un contatto diretto di codice e conoscenza fra i due personaggi; così era stato anche nel caso di Casella in Purgatorio . Più in generale, la citazione poetica accentua nella Commedia il senso di un dialogo aperto fra Dante e il mondo culturale a lui contemporaneo.


Le costanti formali
Uso dei riferimenti geografico paesistici (vv. 58-70); similitudine dell'arco e della freccia (vv. 103-105).



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