Illustrazione di Gustave Doré |
Analisi del canto
I canti della giustiziaÈ questo l'ultimo dei tre canti dedicati al tema dottrinario e morale della giustizia di Dio . L'esposizione dei principi assoluti della Legge sacra diventa qui umana e storica manifestazione della Provvidenza divina.
La salvezza dei pagani
La parte più importante e centrale del canto è occupata dalla spiegazione dell'Aquila riguardo alla presenza in Paradiso di due anime, quelle di Traiano e di Rifeo, che si ritenevano pagane, quindi destinate all'Inferno, nel Limbo. La spiegazione miracolosa di tale apparente contraddizione è basato sul principio di fede proclamato nel canto precedente: è vero che in Paradiso può salire solo chi abbia creduto in Cristo, ma le vie della giustizia divina per rivelare agli uomini le sue verità e offrire loro la salvezza non sono misurabili nei termini limitati della conoscenza umana. Traiano fu richiamato in vita dalle preghiere di S. Gregorio Magno per la rettitudine della sua vita, in modo da poter scegliere la fede in Cristo; Rifeo, per la sua giustizia, fu illuminato dalla Grazia divina e poté prevedere la venuta di Cristo e credere in Lui, e lo stesso avvenne nel caso di molti altri uomini ritenuti pagani.
La giustizia e la misericordia
La trattazione sulla giustizia divina si intreccia nel canto con due altre dimensioni della divinità: quella della misericordia (vv. 94-99) e quella della predestinazione (vv. 130-138). Quest'ultimo aspetto, qui solo accennato a commento dell'imperscrutabilità degli amorosi disegni divini, diventerà argomento centrale nei canti successivi.
La conoscenza umana
Tema costante della Commedia, in questo canto si completa la denuncia dei limiti della conoscenza umana, incapace e impossibilitata a penetrare a fondo nei giudizi divini, per cui deve affidarsi alla fede nelle verità rivelate dalle Scritture.
Le terzine e le simmetrie narrative
Ai vv. 37-72 rileviamo una struttura metrico-narrativa che illustra l'equilibrio fra ordine concettuale e ordine compositivo nella poesia di Dante. Ogni coppia di terzine, infatti, presenta una delle sei anime che formano l'occhio dell'Aquila; di queste coppie, la prima terzina definisce sempre l'identità dell'anima, e la seconda comincia sempre con il nesso ora conosce, una formula che evidenzia in ognuno degli spiriti la distanza fra le limitate capacità della comprensione umana e l'imperscrutabile giudizio di Dio.
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