I superbi in un'illustrazione di Gustave Doré, con tra loro Omberto Aldobrandeschi |
In questo canto Dante e Virgilio incontrano le anime dei superbi (che recitano il Pater noster) tra cui Oderisi da Gubbio, Omberto Aldobrandeschi e Provenzan Salvani.
Analisi del canto
Il canto dei superbiAvendo già descritto l'ambientazione della prima cornice nel canto precedente, in questo canto Dante dà maggiore spazio e voce ai personaggi che incontra, ed ovviamente sono i penitenti che stanno scontando la loro pena. Virgilio chiede alle anime superbe se conoscono un passaggio che possa permettere a lui e a Dante di salire la montagna e le informazioni che chiedono gli vengono fornite da Omberto Aldobrandeschi, nobile toscano del '200 di famiglia guelfa. Un altro spirito che viene riconosciuto e che si trova lì è Oderisi da Gubbio, un celebre miniaturista italiano, di cui Dante si serve per spiegare il concetto di superbia, ovvero la radicata convizione della propria superiorità in qualcosa, facendo degli esempi con altri illustri personaggi che sono stati superati nel proprio campo da altri ancora più capaci (Cimabue superato da Giotto; Guido Guinizzelli superato da Guido Cavalcanti). Quando erano nel mondo terreno guardavano gli altri dall'alto verso il basso, adesso per contrappasso devono sempre tenere la testa bassa con lo sguardo rivolto a terra, tra l'altro schiacciati dal peso di un masso osservando scene di superbia punita e di umiltà esaltata. Quando anche Oderisi ammette di essere stato superato da Franco Bolognese nel campo dell'arte, ha di fatto manifestato un esempio di umiltà. La ricerca dalla fama e della gloria non possono essere il solo scopo nella vita terrena, sia perché sono elementi che non sono destinati a durare nel tempo sia perché ci allontanano da Dio. Oderisi accenna anche a Provenzan Salvani, per spiegare quanto la fama sia poco durevole: egli godeva di molta fama in vita ma per salvare un amico dal carcere dovette fare elemosina e col passare del tempo la gente aveva smesso di ricordare chi fosse. Per questo gesto di umiltà, Provenzan Salvani, si trova direttamente nel Purgatorio anziché nell'Antipurgatorio.
Il padre nostro
Non può passare inosservata la prima parte del canto che contiene la preghiera de "Il padre nostro" recitata dai peccatori. Il testo di questa preghiera è scritto per intero, ma si tratta di una versione parafrasata da Dante che ha lo scopo di creare una sorta di legame tra i vivi e i morti, come abbiamo già visto nel canto III con Manfredi, nel canto VI con Virgilio e nel canto VIII con Nino Visconti. Se ricordate, le anime dell'Antipurgatorio chiedevano preghiere e opere buone per poter vedere ridotto il proprio percorso di purificazione. Nel Purgatorio, invece, le anime pregano sempre per i vivi e per questo motivo Dante riflette sul fatto che anche i vivi dovrebbero fare qualcosa per i morti, ricambiando a loro volta le preghiere per aiutarli a purificarsi dei peccati e salire in Paradiso.
La profezia
Oderisi profetizza, in modo volutamente oscuro, la futura gloria poetica di Dante (superando Guido Guinizzelli e Guido Cavalcanti) e il suo esilio. In un certo senso Dante si può definire un superbo, sebbene sia consapevole della sua vanità, ma otterrà il perdono attraverso l'umiliazione del mendicare durante il suo esilio.
Commento
Fragilità e grandezza dell'uomoProcedono a testa bassa, curvi sotto il peso dei macigni: furono superbi in vita e scontano così il loro peccato. Dante, auctor-agens, cioè scrittore e protagonista del viaggio di salvazione, si uniforma al modo di camminare di queste anime, con le quali vive una particolare consonanza. Tre sono i modi di essere superbi: c'è chi lo è per sangue, chi per il proprio ingegno, chi per il potere e il comando. Tutti recitano il Pater Noster, consapevoli che l'antidoto alla superbia consiste nel fiducioso abbandono a Dio. I superbi, che presunsero di risolvere in altezzosa solitudine tutti i loro problemi, ora sanno che solo con la manna che proviene da Dio si può ovviare al diserto dell'esistenza.
La meditazione del poeta coglie il sottile rapporto tra angoscia esistenziale e speranza, tra affanno di vivere e fiducioso abbandono alla vita stessa. Qui, nella cornice purgatoriale dei superbi, l'Io si fa piccolo per lasciare spazio al Noi, e la loro preghiera diventa cosmica, spezza le barriere tra i vivi e i morti, ritrova l'uomo nella sua unità, affidato alle braccia di Dio. S'affacciano le parole del Vangelo con le quali Gesù ammonisce l'uomo a non affannarsi per il domani perché: La vita vale più del cibo ed il corpo più del vestito [...] Osservate i gigli, come crescono: non filano né tessono; vi dico però: neppure Salomone, in tutta la sua gloria, fu mai vestito come uno di essi (Luca 12, 24-27).
I superbi invece fecero di sé il proprio Dio, abbandonandosi a sogni di onnipotenza: ora scoprono che la loro pace interiore si realizza pienamente nell'abbassare il capo verso terra, nel guardare verso gli altri. Se questa tuttavia è la salvezza per il cristiano, lo è anche per l'uomo in genere, che trova il suo equilibrio nel sereno rapportarsi alle persone e alle cose che ha intorno. La vita umana è solo un soffio di vento, non è dunque saggio legare il proprio cuore a ciò che è transitorio, a un sogno di gloria destinato a spegnersi e alla fama di un nome che subito viene soppiantato da un altro. Sfilano nella memoria del poeta illustri uomini consumati dal tempo: furono grandi nella pittura e nella letteratura ma ormai sono stati superati da nuovi e più prestigiosi personaggi. Anche il nome di Dante, pronto a sostituire nella gloria delle lettere i due Guidi, sarà poi scalzato e forse si perderà nella dimenticanza.
Il poeta che ha cantato la sete di conoscenza dell'uomo e ha posto a guida del suo viaggio di salvazione la ragione umana (Virgilio), sottolinea che quell'uomo, pur nella meravigliosa bellezza del suo ingegno, non è che polvere e che polvere ritornerà. A piegare il capo dei superbi è la vanità delle Sacre Scritture, che schiaccia, suo malgrado, la volontà dell'uomo stesso. Eppure nei versi del poeta brillano le miniature di Oderisi, si celebrano i quadri di Cimabue e di Giotto, s'impone la poesia del Dolce Stil Novo. Presto tutto scomparirà travolto dal tempo, ma l'artista avrà comunque segnato la storia dell'umanità. Dante cammina piegato in due, sente quasi sopra di sé il macigno dei superbi, sa che Oderisi ha ragione, ciononostante è incapace di sottrarsi al fascino dell'ingegno umano.
Le figure retoriche
Qui di seguito trovate tutte le figure retoriche dell'undicesimo canto del Purgatorio. Per una migliore comprensione del testo vi consigliamo di leggere la parafrasi del Canto 11 del Purgatorio.Ne’ cieli stai = anastrofe (v. 1). Cioè: "che sei nei cieli".
Laudato sia ‘l tuo nome = perifrasi (v. 4). Per indicare il figlio.
E ‘l tuo valore = perifrasi (v. 4).Per indicare la potenza del Padre.
Al tuo dolce vapore = perifrasi (v. 6). Per indicare il soffio dello Spirito Santo.
Come del suo voler li angeli tuoi fan sacrificio a te, cantando osanna, così facciano li uomini de’ suoi = similitudine (vv. 10-12). Cioè: "Come i tuoi angeli dedicano a te tutta la loro volontà, cantando 'osanna', così facciano gli uomini della loro volontà".
Li angeli tuoi = anastrofe (v. 10). Cioè: "i tuoi angeli".
Cotidiana manna = anastrofe (v. 13). Cioè: "pane quotidiano".
E come noi lo mal ch’avem sofferto perdoniamo a ciascuno, e tu perdona benigno, e non guardar lo nostro merto = similitudine (vv. 17-18). Cioè: "E come noi perdoniamo a tutti il male che abbiamo subito, anche tu perdonalo a noi, benevolo, e non guardare i nostri meriti".
Andavan sotto ‘l pondo, simile a quel che tal volta si sogna = similitudine (vv. 26-27). Cioè: "andavano sotto il peso (del masso), simile a quello che a volte si sogna (incubo notturno)".
Pondo = latinismo (v. 26). Cioè: "peso".
Mondi e lievi = endiadi (v. 35). Cioè: "puri e leggeri".
Se giustizia e pietà vi disgrievi tosto = metafora (vv. 37-38). Cioè: "Possa la giustizia e la pietà liberarvi dal peso del peccato".
Vi disgrievi / tosto = enjambement (vv. 37-38).
Sì che possiate muover l’ala = metafora (v. 38). Per indicare l'ascensione al cielo.
Il disio vostro = anastrofe (v. 39). Cioè: "il vostro desiderio".
Lo ‘ncarco / de la carne = enjambement (vv. 43-44).
La carne d’Adamo = perifrasi (v. 44). Per indicare il corpo.
Il passo / possibile = enjambement (vv- 50-51).
Cervice = sineddoche (v. 53). Per indicare il capo.
E videmi e conobbemi e chiamava = enumerazione (v. 76).
Li occhi con fatica fisi = iperbato (v. 77). Cioè: "gli occhi fissi".
Fisi / a me = enjambement (vv. 77-78).
Disio / de l’eccellenza = enjambement (vv. 86-87).
Oh vana gloria de l’umane posse = apostrofe (v. 91).
Credette Cimabue ne la pittura tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, sì che la fama di colui è scura: così ha tolto l’uno a l’altro Guido la gloria de la lingua = similitudine (vv. 94-98). Cioè: "Cimabue credette di dominare nella pittura, mentre ora è Giotto il maestro e ha oscurato la sua fama: allo stesso modo Guido (Cavalcanti) ha tolto all'altro Guido (Guinizelli) la gloria della lingua".
Non è il mondan romore altro ch’un fiato di vento, ch’or vien quinci e or vien quindi, e muta nome perché muta lato = similitudine (vv. 100-102). Cioè: "La fama terrena non è altro che un alito di vento, che ora spira da una parte e ora dall'altra, e cambia nome a seconda della direzione".
Fiato / di vento = enjambement (vv. 100-101).
Il ‘pappo’ e ‘l ‘dindi’ = onomatopea (v. 105). Per indicare il cibo (pane) e i denari.
Più corto / spazio = enjambement (vv. 106-107).
Ch’è più corto spazio a l’etterno, ch’un muover di ciglia al cerchio che più tardi in cielo è torto = similitudine (vv. 106-108). Cioè: "Questo è un tempo brevissimo rispetto all'eternità, più breve di un batter di ciglia rispetto al movimento del cielo che si muove più lentamente".
A pena in Siena sen pispiglia = allitterazione della p e della s (v. 111).
Pispiglia = onomatopea (v. 111).
Che superba fu a quel tempo sì com’ora è putta = similitudine (vv. 113-114). Cioè: "che a quel tempo era superba così come ora si vende per denaro (volta alla corruzione)".
La vostra nominanza è color d’erba, che viene e va = metafora(vv. 115-116). Cioè: "La vostra fama è come il verde dell'erba, che va e viene". Per indicare la brevità della gloria.
Fu presuntuoso / a recar = enjambement (vv. 122-123).
Rende / a sodisfar = enjambement (vv. 125-126).
L’amico suo = anastrofe (v. 136). Cioè: "il suo amico".