Purificazione di Dante, illustrazione di Gustave Doré |
Analisi del canto
Il canto della profezia e dell'EunoèConclusivo del Purgatorio, il canto in effetti si presenta in continuità sia rispetto al canto precedente sia rispetto al primo del Paradiso. L'esordio, con il turbamento di Beatrice sospirosa e pia (v. 4), è infatti commento e prosecuzione della drammatica vicenda allegorica che ha appena concluso il canto XXXII; mentre la situazione finale, con Dante che torna dal lavacro nell'Eunoè puro e disposto a salire a le stelle (v. 145), fissa l'immagine nel punto esatto da cui ripartirà l'azione in Paradiso. Al suo interno, il canto è suddiviso in due momenti:
- il discorso di Beatrice con la veemente profezia antiecclesiastica e la dichiarazione della missione di Dante (vv. 31-102);
- l'immersione di Dante nell'Eunoè, ultimo rito purifica-tore che introduce all'ascesa in Paradiso (vv. 103 sgg.).
La profezia di Beatrice
La trattazione delle grandi tematiche spirituali e politiche si conclude in Purgatorio nel segno della speranza e nei termini altisonanti della profezia (vv. 1-78). Essa completa la raffigurazione allegorica del canto precedente sulla corruzione della Chiesa e sulla sua storia di depravazione nel rapporto con l'impero. Ora è il momento di annunciare i tempi nuovi del trionfo di Cristo, ed è ciò che avviene nei vari momenti della profezia:
- citazione evangelica delle parole di Cristo sulla sua scomparsa e sul suo definitivo ritorno;
- impotenza del Demonio, poiché giungerà la vendetta di Dio cui nulla può opporsi;
- l'Impero presto avrà una vera e solida guida;
- il corso delle stelle annuncia imminente la venuta di un messo di Dio, oscuramente indicato con l'espressione un cinquecento díece e cinque, che farà giustizia della corrotta curia pontificia e dei maneggi politici della casata di Francia;
- maledizione e minaccia contro tutti coloro che osano opporsi alla volontà di Dio. Per le caratteristiche di contenuto, di espressione e di collocazione a chiusura della cantica, la profezia richiama per simmetria quella celeberrima del Veltro, posta proprio all'inizio dell'opera, nel canto I dell'Inferno (vv. 91-111).
La missione di Dante
Ai vv. 52-78, significativamente inserita all'interno della solenne profezia, abbiamo la prima esplicita dichiarazione della missione di Dante: riferire ai viventi quanto ha visto e sentito nei regni dell'oltretomba. Da esperienza di espiazione personale il viaggio nell'oltretomba diventa un annuncio di rivelazione per l'umanità, e quindi la Commedia comincia a svelare il suo carattere di poema sacro / al quale ha posto mano e cielo e terra (Paradiso XXV, 1-2). Inizia qui il ruolo cosciente di Dante come «scriba Dei» — scrivano di Dio, relatore delle verità celesti —, che verrà sancito ufficialmente da Cacciaguida nel canto XVII del Paradiso.
Il rapporto fra Beatrice e Dante
Quasi a preparare la nuova dimensione dei rapporti psicologici fra i due personaggi a partire dal primo canto del Paradiso, qui il loro dialogo e i loro atteggiamenti si fanno più vari. I dati più evidenti sono la maggior comprensione e vicinanza di Beatrice, che d'ora in poi chiamerà Dante frate (v. 23), fratello, e a cui rivolge ancora rimproveri ma in toni più sensibili e pacati, riconoscendo anzi l'importanza della sua missione poetica; e da parte di Dante, la capacità di esprimere i propri pensieri e dubbi, sia pure con esitante riverenza. La mutata condizione è da mettere in rapporto anche con il fatto che solo ora Dante, superato il Letè, può considerarsi davvero purificato e quindi in grado di partecipare alla beatitudine di Beatrice.
Le costanti formali
Sempre nella direzione — caratteristica di questi ultimi canti — di un'elevazione dello stile e di un progressivo avvicinamento alla scrittura del Paradiso, rileviamo:
- la frequenza di citazioni e riferimenti dotti, da fonti soprattutto scritturali (cfr. vv. 1, 10-12, 35, ecc.);
- i toni asseverativi tipici della profezia, che conferiscono solennità e autorevolezza alle affermazioni;
- il procedere per ragionamenti intellettuali, che costituiscono l'essenza della poesia teologica del Paradiso;
- l'insistenza sul campo semantico del «nuovo»: iniziata con l'arrivo nel Paradiso terrestre (cfr. canto XXVIII, v. 3 e nota inerente), giunge qui a compimento con l'annominazione dei vv. 1431-44 (come piante novelle/ rinovellate dí novella fronda), e sancisce lo stato di rinnovata purezza necessaria per salire alla beatitudine dei cieli;
- il «sigillo» comune alle tre cantiche del vocabolo stelle a chiudere l'ultimo verso, che qui assolve anche al significato letterale: Dante si accinge davvero all'ascesa fra gli astri celesti.
VEDI ANCHE: Purgatorio Canto 33 - Figure retoriche